UNA CITTÀ SOTTO SCACCO, LE STRADE NERE DI ABIDJAN

Continua il nostro lavoro di ricognizione, verifica e valutazione della situazione nelle diverse aree dell’Africa subsahariana occidentale per capire quali siano le aree maggiormente a rischio per l’insorgere di fenomeni migratori e come intervenire. Gianpaolo Gullotta è appena arrivato in Costa d’Avorio e ci racconta il suo primo impatto con il Paese.

Una città “en panne” ho trovato appena sono sbarcato nella caotica Abidjan (Costa d’Avorio).

I militari la stanno tenendo in ostaggio, richiedono 2.000.000 di Franchi cefa ciascuno, circa 3.000 euro. Era una promessa del Presidente Ouattara, che non ha rispettato. Aveva promesso un aumento salariale che non è mai stato attuato. Per questo i militari sono scesi per le strade ed hanno letteralmente bloccato la città. Le scuole sono ancora ferme dalle vacanze di Natale e questo è un grande pericolo per i bambini di questo paese.

 

IL PRIMO IMPATTO CON ABIDJAN – COSTA D’AVORIO

Stamattina sono uscito per le vie di Koumassi, uno dei quartieri più popolari e difficili di Abidjan. Ho visto le scuole chiuse, con i militari davanti a presidiarle, ed i bambini tutti per le strade. P. José Luis, salesiano spagnolo, che vive da più di 30 anni in Africa Occidentale, mi dice subito:

“I bambini sono per le strade, è un gran pericolo, perché potrebbero restarci per sempre”.

Non comprendo bene cosa vorrebbe intendere, ma dopo esserci fermati davanti ad un supermercato, un bambino di circa sei anni, vestito di stracci e con in mano una spazzoletta per lustrare le scarpe mi si avvicina e mi chiede se mi può pulire le scarpe. Le scuole sono chiuse ed i bambini iniziano a cercare dei lavoretti per la strada, è estremamente facile guadagnare almeno 1.000 Franchi al giorno, circa 1,5 euro. Alla fine della settimana o del mese possono guadagnare addirittura più dei loro padri. Ed a quel punto a scuola non ci si torna più, la strada li fagocita, li rende schiavi suoi schiavi.

 

LA STRADA, PRIMA AMMALIA E POI COLPISCE.. SOPRATTUTTO I BAMBINI

La strada come un mostro che prima ammalia e poi colpisce, li rapisce tutti, legandoli a sé indissolubilmente. Quando crescono e non riescono più a commuovere la gente elemosinando, il passo per diventare un migrante è veramente facile, altrimenti si finisce a trasportare la spazzatura con i carretti, spingendoli a mano, oppure si bruciano copertoni di auto sulla laguna per ottenere il ferro che c’è dentro e rivenderlo.

A causa di questa crisi tra Governo ed Esercito, anche le attività del Foyer Don Bosco di Abidjan sono ferme. Gli operatori ed P. José Luis non possono più uscire per la strada a cercare i ragazzi che vi vivono, infatti ora pressochè tutti i bambini sono per la strada, quindi è difficile capire chi veramente ci vive e chi invece sta iniziando a viverci perché le scuole sono chiuse. La Costa d’Avorio è un paese difficile, dove crisi di governo, colpi di stato e guerre civili sono all’ordine del giorno. È uno dei paesi al mondo con il più alto tasso di apolidi, circa 700.000. E tutto questo è assurdo, se si pensa che è il primo paese produttore di Cacao. Già questa ricchezza dovrebbe garantire un alto standard di vita ai propri cittadini. P. Josè Luis mi fa capire, senza dire una parola, che non devo donar alcuna moneta al bambino lustrascarpe, perché alimenterei un circolo vizioso, allontanerei involontariamente quel bambino dalla scuola, se non l’ha già lasciata. Il bambino mi apre la porta della macchina, mi guarda intensamente per chiedermi nuovamente un “cadeau” un regalo, io rimango inebetito tra la voglia di donargli 1.000 franchi e la consapevolezza che quel gesto potrebbe fargli solo del male, poi si volta e ritorna nella strada polverosa di Koumassi, ed io non ho parole per descrivere come mi sono sentito.

L’impatto con questa città è sempre forte, spero che la crisi possa finire presto ed i bambini possano ritornare a scuola, il loro vero posto e non essere rapiti dalle strade sabbiose di Abidjan e dalle loro pericolose chimere che portano solamente in oscuri antri, fiabe nere che questi bambini assolutamente non meritano.

 

Gianpaolo Gullotta, Operatore VIS 

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