Da Ellis Island ai giorni nostri: la migrazione è strumento di sviluppo e di pace
Ellis Island ha rappresentato la porta del continente americano per moltissimi migranti che dal Nord, Sud ed Est Europa dalla fine del XIX° secolo fino alla prima metà del XX° giunsero per trovare libertà e migliori opportunità di vita. Chi si occupa di migrazione o semplicemente chi desidera comprendere meglio questo fenomeno che è parte della storia dell’umanità, almeno una volta nella vita dovrebbe passarvi e, come era uso fare Jean Jacques Rousseau, contemplare passeggiando ciò che questo incredibile luogo ha da offrire in termini di storia, emozioni e riflessioni filosofiche.
La prima cosa che mi colpisce sono i numeri: milioni di persone passarono attraverso quest’isoletta di fronte a Manhattan; basti pensare che la prima ondata di migranti provenienti dal nostro paese, l’Italia, a cavallo del XIX° e del XX° secolo è stata di circa 2 milioni di persone. Attualmente vivono negli Stati Uniti circa 13 milioni di persone di origini italiane. Queste persone scappavano dalla povertà e dalla fame esattamente come scappano adesso le persone dall’Africa subshariana verso l’Italia e l’Europa intera. L’America era la terra promessa e vagando per la sala di accoglienza e registrazione, le stanze per le visite mediche ed i dormitori sembra di rivivere l’emozione e la gioia di tutte quelle persone che aspiravano ad un futuro migliore. Sembra di poter ascoltare ancora l’eco del grido di chi dalle grandi navi che attraversavano l’Atlantico avvistava per primo Ellis Island o la Statua della Libertà esclamando: “America! America!”. Nel film di Tornatore La leggenda del pianista sull’oceano viene riproposta magicamente questa scena.
Oggi l’intera isola è un grande museo interattivo della migrazione che racchiude cimeli ed oggetti sorprendenti. Vi sono manifesti pubblicitari delle grandi navi da trasporto passeggeri; ne partivano a decine dai porti di Liverpool, Rotterdam, Napoli, Genova e Trieste. Partivano dai paesi in cui la povertà attanagliava e spezzava le radici alle nuove generazioni. L’Italia è stata uno dei paesi che più ha contribuito all’emigrazione verso il continente americano. È sorprendente trovare anche una Guida all’immigrante italiano negli Stati Uniti, la quale dava consigli e raccomandazioni dal viaggio e a come ambientarsi nel nuovo continente. Inoltre vi erano associazioni in Italia ed in America che aiutavano gli emigranti e gli immigrati tutelando i loro pochi e fragili diritti. Purtroppo vi è anche una sezione che raccoglie tutte le propagande razziste contro i vari gruppi di immigrati categorizzandoli e creando stereotopi. Vi sono campagne contro i giapponesi, altre contro gli irlandesi e non mancano quelle contro gli americani di colore che erano considerati alla stregua dei nuovi immigrati soprattutto negli stati del Sud dove questo movimento di dissenso si canalizzò e creò il Ku Klux Klan, un movimento razzista di matrice protestante che rivendica tutt’oggi la superiorità della razza bianca e l’ideologia progressista e secolarizzata quacchera.
Sono molto toccanti le foto di un’Italia povera e in miseria, di bambini senza scarpe e del porto di Napoli colmo di famiglie pronte a partire come un vero e proprio Esodo. Tutta quella gente partì per dar vita ad una speranza di una vita migliore e credo che partirono con l’Italia nel cuore: non si lascia mai facilmente la propria casa. Infatti, una volta arrivati nel “Nuovo Mondo”, si ricrearono comunità straniere omogenee che diedero un tocco di etnicità a vari quartieri di New York come ad esempio Chinatown o Little Italy.
Proprio una gigantesca foto di Little Italy posta in un’ala dell’edificio che accoglieva i migranti ad Ellis Island mi ha colpito. Si vede una miriade di italiani intenti a commerciare pomodori, carne e pesce, vestiti ed abbigliati come italiani del meridione. La foto sembra parlare, si possono quasi ascoltare i vari dialetti e l’inglese maccheronico scivolare fra i banconi del pesce e giungere ai piani alti dei palazzi. Poi mi fermo ad osservare vari passaporti con l’effige del Regno d’Italia, facce d’italiani arrivati in America e che hanno contribuito a realizzare nel bene e nel male questo enorme paese.
Ellis Island ha molto da insegnarci ancora oggi, fornisce soprattutto lezioni ad un’Europa che affronta una “emergenza migranti” da svariati anni ed allo stato attuale sembra ancora non averne trovato una soluzione. Viaggiando in Africa Occidentale posso confermare di aver visto negli occhi di molti ragazzi che mi hanno confidato la voglia ed il desiderio di raggiungere l’Europa, la loro America, la stessa intrepida emozione di tutte le persone che sono passate per Ellis Island nella ricerca di un futuro migliore per sé e per i propri cari. Comprendo che la migrazione non si può fermare, ma può essere regolata e può essere uno strumento di sviluppo e di promozione della pace. Uscendo dal museo le ultime cose che vedo sono alcune valigie di migranti passati sulla piccola isola, mi chiedo quanti sogni vi erano riposti dentro, quanti si sono realizzati e quanti vagano ancora fra le antiche mure del registration building di Ellis Island.
Gianpaolo Gullotta, VIS Regional Project Manager – West Africa and Caribbean