Scegliere ed essere scelti: la storia di Isaac che non conosce il giorno del suo compleanno

24 marzo 2019 - La fresca brezza del crepuscolo da respiro e calma al tremolante orizzonte africano e fra la polvere alzata a mezzaria dal nostro rincorressi nell’immaginario campo da calcio, Br. Kennet fischia la fine della nostra partita richiamando i ragazzi del Boys Home per prepararsi alla cena. Io mi volto verso Isaac e ponendogli le mani sulle spalle gli dico: “Si gioca prima con la testa che con i piedi, prima con la testa, non devi trattenere la palla ma devi scegliere il giusto compagno a cui passarla”.I ragazzi mi salutano chiosando con le loro voci un cielo pastellato di rosa, scendono le ombre ed il frinire dei grilli ridisegna ricordi d’infanzia custoditi in quei profumi di terra, erba tagliata e quelle rose scelte d’inverno, proprio pensando ai lenti respiri delle sere di maggio. Scegliere deriva dal latino ex, che significa da, con il senso di separazione e legere, leggere/eleggere, separare la parte migliore di una cosa dalla peggiore, nel senso di eleggere ciò che è meglio. Se si può imparare a scegliere con il tempo, lo studio ed un buon maestro, per esempio proprio passare la palla al giusto compagno di squadra, mentre però non si può essere o pretendere di essere scelti.

Isaac è un ragazzo sveglio che ama vivere e consumare le giornate come si consumano le nostre giornate estive, tra i raggi di sole, gli amici ed i convivi frugali, ma purtroppo non ha potuto scegliere una famiglia che lo possa accudire e far crescere in serenità e soprattutto dove possa essere amato, proprio per questo si trova al Boys Home di Sunyani. Un giorno mi dice se sono stato nel villaggio di Tatale nel Nord del Ghana, io rispondo di si, mentre un’altra volontaria risponde il contrario. Lui scosso si stupisce molto, come se Tatale fosse il centro del mondo, un luogo che tutti debbano almeno vedere una volta nella vita. Dal suo stupore trasuda il suo fervido amore per il suo villaggio natale, la sua terra e quasi emozionandosi si rivolge alla volontaria dicendole: “Se andrai a Tatale vedrai quanto è bello e non te ne vorrai mai più andare”. Spesso diamo per scontato tante piccole gioie nel nostro mondo delle meraviglie occidentale, come per esempio festeggiare un compleanno. Da quanto mi ricordo, i miei compleanni sono stati sempre tutti quanti festeggiati, alcuni sono stati fantastici, altri più semplici, ma sempre sono stati celebrati; una torta, un gruppo di amici, regali, gite e viaggi, ma tutto ciò non è dovuto, non è per niente una conseguenza logica e scientifica. Un giorno parlando con Isaac gli chiedo quando è il tuo compleanno, quando sei nato, lui mi guarda con degli occhi persi ed osservando il terreno mi risponde che non lo sa, che non se lo ricorda. Ciò mi sorprende molto e continuo a chiedergli se quando viveva a Tatale aveva festeggiato il suo compleanno, lui scuote la testa e realizzo che nella sua breve vita, non ha mai festeggiato un compleanno, ne tagliato una fetta di torta, non si è mai sentito al centro di un piccolo universo, la sensazione che ognuno di noi prova il giorno della propria nascita, quella piccola eufonia che sembra essere dischiusa da una rosa e che piano piano si avvizzisce e lascia per terra tutti quei petali, consumati e vissuti durante il giorno della festa.

Ogni sabato sera presso la comunità salesiana di Sunyani c’è la cena con tutti i volontari ed i salesiani stessi, un momento di aggregazione e conoscenza reciproca. Prima della cena, c’è sempre un momento spirituale la lectio divina. Durante la lectio si leggono le letture della messa della domenica seguente e chi è inspirato, condivide con tutti una propria riflessione. Quel particolare sabato c’era il passo del vangelo di Luca che parlava della trasfigurazione di Gesù, Dopo aver finito le letture, la volontaria di nome Mia, esterna una riflessione molto profonda. Afferma che ascoltando al Boys Home assieme ai ragazzi il passo del Vangelo che dice “questo è il figlio mio, l’eletto ascoltatelo!”, crede che ognuno una volta nella vita dovrebbe essere scelto, riconosciuto, essere oggetto di un gesto di carità, proprio come Dio sceglie il proprio figlio, per il bene dell’umanità intera. Le sue parole sono un altro fiore che sboccia, si dipana e poi lentamente muore, lasciando però nelle nostre anime i petali, riflessioni che si radicano e che producono altri pensieri, come quello che sto scrivendo. Propongo ad Isaac di scegliere un giorno, il suo numero preferito ed il mese più bello dell’anno, quello in cui a Tatale si raccolgono gli Yam, radici con cui si fa la polenta locale, il piatto più popolare e gustoso, il fufu. Quel giorno e quel mese saranno per lui il suo compleanno, da custodire segretamente  ed iniziare a cucirsi sopra ricordi, volti, torte, risate … da vivificare nel proprio cuore. Bisogna scegliere prima con la testa, nella vita di tutti i giorni, ma bisogna essere anche scelti, bisogna essere eletti e questa cosa può essere facilitata tramite il nostro cuore. Aprirsi agli altri, sporcarsi quotidianamente parlando e discutendo con il prossimo, sempre con la mano pronta a stringere quella altrui, per fare pace e per donare pace. Guardo Isaac che si incammina verso la collinetta del Boys Home ridendo e giocherellando con i suoi piccoli sogni da bambino, Br. Kennet mi tende la mano e mi invita di nuovo a prendere parti ai giochi sportivi la prossima domenica, vedo Mia pedalare verso casa salutando con la mano i ragazzi. Mi avvio anch’io verso casa e sulla strada rossa mi colpisce un fiore calpestato, non hai più i suoi petali connessi, ma sono ancora là, aperti, disegnano un cerchio, sembrano le dita di una mano, con la quale scegliamo di prendere e dare ogni giorno, ma anche di ricevere. Se scegliere dipende solo da noi, essere scelti sembra dipendere solo dagli altri, ma non è così, si è scelti ogni giorno, ogni instante, Isaac è scelto dal Boys Home, Br. Kennet è scelto nella comunità salesiana, io e Mia siamo scelti dal volontariato e nel saluto che tutti noi ci scambiamo alla fine del giorno, lì siamo stati scelti di nuovo, da un gesto semplice ma pieno di pathos, come il commiato, l’addio.

Gianpaolo Gullotta - VIS Regional Project Manager - West Africa and Caribbean

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