L’esperienza di Elena Carrà, volontaria del VIS, in Ghana

30 gennaio 2020 - Uno studio antropologico effettuato a contatto diretto con i ragazzi e le ragazze pronte a emigrare.  La grande questione delle differenze di genere.

Sono arrivata in Ghana accompagnata dai racconti del mio professore universitario, che ha svolto anni di ricerca a Kumasi, famosa capitale dell’antico Impero Ashanti. Mentre ascoltavo quei racconti pieni di emozioni, colori e nostalgia, immaginavo i miei tre mesi qui a Sunyani. Rispetto alle altre esperienze di volontariato, questa volta non sono partita a cuor leggero; la decisione di intraprendere questa esperienza nasceva dalla volontà di portare a termine il mio percorso universitario in Antropologia, conducendo una ricerca sul campo, unito alla voglia di fare una esperienza formativa in un progetto di cooperazione internazionale. Prima della mia partenza, oltre allo studio in università, ho seguito il corso del VIS “Progettare lo sviluppo”, il quale mi ha fornito le competenze tecniche e le pratiche di base.

Tutte le preoccupazioni iniziali, relative al lavoro e alle aspettative riguardo al percorso di ricerca, sono scomparse nel momento in cui ho iniziato i colloqui nelle scuole e l’impegno all’interno della campagna di sensibilizzazione. Da sempre lavoro come educatrice e la volontà di comprendere una tematica, così complessa e dibattuta come quella della migrazione, direttamente da chi ha vissuto o immagina di intraprendere questo percorso, mi ha spinto a partecipare a questo progetto, con la speranza di poter, al mio ritorno, condividere la mia esperienza con gli studenti italiani.

 

Diseguaglianze sociali e immagine di sé: il futuro è una sfida

Il lavoro di ricerca etnografica mi ha portato a concentrarmi in un primo momento sull’immaginario migratorio dei ragazzi e delle ragazze, partendo dei loro sogni, dalle loro aspirazioni e analizzando come l'immaginario collettivo e individuale del sogno migratorio influisca sulla costruzione delle loro identità. La seconda parte si è invece basata sulla analisi delle tecniche e strategie di ricostruzione identitaria dopo lo scontro tra sogno e realtà, tra realizzazione e insuccesso, utilizzate dai migranti di ritorno.

Un altro punto sul quale mi sono focalizzata, trasversale alle tematiche approfondite nella ricerca, è relativo alla questione delle differenze di genere ed in particolare di come le disuguaglianze, presenti a livello sociale, alimentino e contribuiscano a creare l’immaginario collettivo, e a come influenzino la costruzione identitaria e l’immaginario individuale dei ragazzi e delle ragazze.

Una delle parti della ricerca e della campagna che più mi ha emozionata è quella riguardante i sogni e le ambizioni future dei ragazzi. Quando pongo domande relative alle loro aspirazioni future, sia in Italia che qui in Ghana, si crea una condivisone di emozioni e di sentimenti che va al di là delle possibilità concrete, delle reali difficoltà e differenze culturali, politiche e socio-economiche, che va oltre i confini. Tutti gli adolescenti hanno sogni e aspirazioni, tutti hanno la volontà di migliorarsi e hanno ancora quella voglia di creare un cambiamento nella società e nel mondo. Purtroppo però, non sempre le aspirazioni e i sogni possono essere realizzati nel modo in cui loro vorrebbero e, troppo spesso, molti di loro corrono il rischio di migrare irregolarmente, molte volte non consapevoli delle difficoltà e dei pericoli che dovranno affrontare in questo viaggio. La campagna STOP TRATTA, attuata dal Vis in alcune scuole della Brong-Ahafo Region, punta a diffondere la consapevolezza riguardo ai rischi della migrazione irregolare, anche tramite le importanti testimonianze di vita di migranti di ritorno. Inoltre, grazie all’aiuto di educatori ed esperti nel settore, i ragazzi hanno l’opportunità di comprendere come sia possibile migrare regolarmente per progetti di studio o di lavoro e quali possibilità formative e lavorative siano presenti sul territorio.

Il protagonismo delle donne per superare i confini geografici e culturali

Un argomento di rilevante importanza, trattato e sviluppato all’interno della campagna, è quello riguardante le differenze di genere e l’emancipazione femminile. Grazie a Augustina, educatrice VIS, una parte degli incontri è dedicata a queste tematiche. L’aspetto relativo all’emancipazione femminile è un nervo ancora scoperto a livello sociale. Nell’immaginario collettivo, non solo Ghanese, ma anche Europeo, le donne che decidono di spostarsi o di migrare vengono rappresentate quasi sempre come figure passive, nell'ombra o al traino degli uomini (mariti, padri, fratelli), ignorando così il ruolo attivo e la agency che esse esercitano in questo processo. Questi colloqui mi hanno permesso di analizzare l’immaginario migratorio femminile e il forte protagonismo delle donne nelle decisioni inerenti alla migrazione propria e dei familiari. Questo confronto, mi ha permesso inoltre di comprendere, come l’intersezione di più aspetti sociali quali: il genere, la classe, il colore della pelle e l'età, contribuiscano ancora a creare un differente status e a perpetuare e rinforzare sistemi di potere e di stratificazione sociale. 

La campagna “STOP TRATTA”, promossa dal VIS con Missioni Don Bosco in collaborazione con scuole ed enti locali, ha dato la possibilità a tanti studenti delle scuole secondarie di conoscere e comprendere meglio un fenomeno così complesso, soprattutto grazie alle testimonianze di persone che hanno vissuto sulla loro pelle le difficoltà e i pericoli del viaggio irregolare. L’informazione e la conoscenza permettono così ai ragazzi di progettare con maggior consapevolezza il loro futuro.

 

Il sogno e l'aspirazione a migliorarsi e a migliorare il mondo in cui viviamo è un'ambizione che molto spesso si perde in età adulta, ma che è ancora ben viva e presente negli anni della adolescenza, dove ancora i sogni non si sono scontrati con la realtà. I sentimenti e le emozioni che si provano quando per un attimo chiudiamo gli occhi e ripensiamo a quando, anche noi a quell’età, eravamo pieni di sogni e di volontà, ci permette di comprendere come davvero questo linguaggio sia universale. Sicuramente le storie e le ambizioni degli adolescenti possono differenziarsi in base alle condizioni socio-economiche, familiari e culturali; possono essere realizzate con mezzi, tempi e modi diversi, ma la luce negli occhi dei ragazzi e delle ragazze sia Italiani che Ghanesi è la stessa, che se condivisa, ascoltata e aiutata può davvero creare cambiamento.  Grazie a questa importante esperienza, ho compreso che, la migrazione è davvero una tematica complessa e difficile da analizzare, ma ciò che spinge a muoversi e a spostarsi penso sia un sentimento comune e condiviso da tutti, in ogni parte del mondo che riassume la volontà di realizzare i propri sogni, di migliorarsi, di scoprire e di scoprirsi per sentirsi parte di qualcosa di più grande unico e prezioso. Solo tramite la condivisione di queste esperienze, l’ascolto e la comprensione si riesce a trasformare la differenza in uguaglianza, creando così un sentimento empatico di risonanza e di condivisione comune che ci permette di perderci per poi ritrovarci negli occhi e nelle storie di chi troppo spesso sentiamo definire “altro” e si riesce a comprendere ciò che veramente ci unisce e ci spinge ad andare “oltre” il nostro confine, al dì là delle differenze politiche, culturali ed economiche.

 

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